Gentilissima Redazione,
mentre ancora divampano le polemiche per gli investimenti sostenuti in occasione della trasmissione televisiva di fine d’anno e, dalle pagine delle testate locali, ogni giorno si ergono “soloni” in grado di proporre la propria, risolutiva soluzione al definitivo rilancio dell’immagine di Rimini quale “Capitale delle Vacanze e dell’Ospitalità” (le maiuscole sono d’obbligo), sono a riportare la mia personalissima, allucinante esperienza accadutami – da riminese, quindi sostanzialmente e sgradevolmente in casa mia – solo pochi giorni fa.
Come alcuni avranno letto proprio dalle pagine di questo giornale, sono amico di lunga data dell’ex americano del Basket Rimini Gig Sims. La nostra amicizia è talmente profonda che Gig, in occasione del recente Natale, ha deciso di tornare a Rimini e di celebrare, il 29 dicembre scorso, il proprio matrimonio a San Leo confortato dal fraterno rapporto con gli ex compagni di squadra e con alcuni intimi amici, tra cui mi vanto di appartenere.
Solo qualche giorno dopo, avendo quasi esaurito le visite ai monumenti e musei locali, io e mia moglie abbiamo deciso di mostrare a Gig e Sydney (neomoglie di Sims) una delle “perle” culturali della nostra Città, ovvero la mostra di pittura “Parigi, gli anni meravigliosi” in corso a Castel Sismondo.
Con estremo imbarazzo, per definirlo in modo eufemistico, e una punta di incredulo orrore (tenendo conto dei dibattiti turistici di cui sopra) abbiamo purtroppo constatato che la mostra, orgoglio cittadino e destinazione scelta da circa mille persone al giorno (dati oggettivi reperiti online) non contempla le audioguide in lingua inglese! Pur costernati di fronte agli allibiti ospiti e incapaci di spiegare perché la principale esibizione culturale sita in quella che si autocelebra come “Capitale dell’ospitalità”, nell’Anno Domini duemilaeundici sia incapace di contemplare la ‘peregrina’ lingua anglosassone, abbiamo almeno confidato nell’esaustività delle didascalie: appare inutile commentare la surreale assenza, anche sotto questa forma, di qualsiasi idioma straniero.
Abbiamo quindi repentinamente ‘ripiegato’ sul Tempio Malatestiano: al nostro ingresso uno dei ragazzi americani a noi aggregato, “reo” di essersi dimenticato di togliere la papalina (all’esterno la temperatura sfiorava lo zero), è stato affrontato a male parole dal custode del Duomo, che in modo piuttosto incivile e certamente aggressivo lo ha strattonato per un braccio prima di fargli notare, con ampi e grevi gesti rivolti alla testa, l’intollerabile infrazione. L’ospite, a quel punto, ha cordialmente preferito riderci su e uscire definitivamente dal meraviglioso (ma evidentemente poco accogliente) luogo.
Lo confesso: di fronte alla quasi divertita (ma certamente sarcastica) reazione dei nostri ospiti in entrambe le occasioni ci siamo letteralmente vergognati di essere riminesi e abbiamo tentato goffamente di giustificare il tutto con l’onnipresente luogo comune, comunque poco lusinghiero, “Italian Style”.
Quando si parla (e straparla) di “turismo” e di “strategie” ad esso connesse, sarebbe meglio riflettere su fatti apparentemente minori – come quelli da me sopra esposti – ma indicativi che la strada da percorrere per divenire realmente un luogo sinonimo di “ospitalità a tutto campo” è ancora molto, molto lunga.
Nicola Gambetti
Lettera inviata alla Redazione del Corriere Romagna
Lettera inviata alla Redazione del Corriere Romagna
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