Ma partiamo, come si conviene ad ogni storia, dall’inizio. A cavallo degli anni ’50 e ’60 l’allenatore della Libertas Rimini militante in serie C è il prof. Tassinari, insegnante di computisteria all’Istituto Tecnico Commerciale. Non sono riuscito a risalire alle origini di questo suo destino o vocazione, certo era animato da una passione formidabile. Io lo ricordo col basco, sciarpa e cappotto, forse anche d’estate; si giocava allora all’aperto, nel glorioso campo delle Acli, non era un caso dover spalare la neve prima della partita o spazzare via l’acqua dalle pozzanghere. Erano gli anni eroici del basket, si giocava con pallonesse di cuoio, che quando pioveva pesavano quintali, si tiravano dei gran piazzati, niente elettronica.
La filosofia di gioco del professore era condensata in una sola parola, che del resto non si stancava mai di ripetere, durante la partita: “Gambe, gambe!” ed era perfettamente interpretata dai giocatori a sua disposizione: vi ricordo Gabriele Stefani, dal tiro micidiale, “Charlie” Ricci, 1.90, la torre della squadra, “Mimmo” Santolini, Pippo Manduchi e Ennio Gardini, oggi allenatore dell’Agorà, Cevoli, Pioppo, Marconi, “Tobia” Della Rosa, “Francis” Salvatore, Tino Ermeti, Inchingolo e Gamberi ed altri di cui, e me ne scuso, non ricordo il nome. Si vedevano delle gran zone, molto statiche, il tiro in sospensione era roba da fantascienza, una giornalista del foglio locale, la Nicoletta, scriveva: “La squadra ospite è stata superiore nei ganci … “ (sic); una volta il prof cambiò nel primo tempo Gardini, che fino a quel momento non aveva sbagliato un tiro, dicendogli: “Ho visto che ci prendi, ti tengo per il finale!”. Si giocava contro le 4 Torri di Ferrara, l’Atlas di Bologna, che nelle sue file schierava il famoso Cera, ex nazionale, il Ravenna, la Libertas di Forlì, il Montegranaro, dove si giocava in piazza, coi canestri montati alla mattina e gli spettatori con la doppietta in spalla, azzàrdati a vincere. Un’ altra dimensione. Qualcuno non ci crederà, giocava anche Carasso, e questo vi dice tutto della fisicità del gioco: bianco come un cadavere, magro, ginocchiere nere e occhiali, il suo principale compito era quello di far innervosire (come oggi) gli avversari.