Come ogni sabato, ho dato appuntamento a quattro vecchi amici in spiaggia, al bagno 49, dove tra mille difficoltà sopravvive un (buon) canestro all’avanzata inesorabile della modernità, incarnata dal beach tennis.
E’ ormai raro rintracciare un anello, tra le cento reti da volley e le mille dedicate alle racchette ipertecnologiche, men che meno uno ancora corredato dalla propria retina e che non sia piegato e ossidato dal tempo, dalla salsedine e dal triste oblìo – quasi felliniano – nel quale lentamente è scivolata la struttura assieme alla stessa pallacanestro estiva, un tempo onorata da templi a campi incrociati e tornei multinazionali, oggi un ricordo quasi vintage… ma ancora capace di regalare emozioni d’altri tempi a coloro che la praticano in modo ostinato e appassionatamente nostalgico.
I quattro amici incontrati provenivano dalle zone più disparate: uno, a cavallo di uno scooter sottodimensionato per le chilometriche gambe, da Cattolica; uno, motociclista molto più lento di quando entrava in terzo tempo alcuni anni fa angosciando le difese avversarie, da Pesaro; un altro, placido e sereno ma divertito e divertente, da Bergamo e, ultimo ma non meno importante, il più “piccolo” (in senso fisico) ma più “grande” (in senso anagrafico) da Rimini, dove da ‘guru’ distribuisce ancora il proprio fosforo e le proprie abilità ai più giovani, vincendo tornei internazionali sparsi per l’Italia con impassibile tranquillità e facendo meno “rumore” possibile.
Questo piccolo gruppo di amici che, cascasse il mondo, sa che il sabato è giorno di “due tiri”, è un continuo divenire: i volti si alternano, a seconda degli impegni famigliari e professionali che oggi vedono noi ex-ragazzini non più spensierati studenti, ma padri (o nonni!) impegnati; nei casi peggiori, alcuni vengono tenuti lontani dal campo e dall’agognato appuntamento cestistico per un turno, a causa di quel “dolorino” o dello “strappetto” che il sorriso e l’inevitabile battuta dei compagni sulla senilità incipente provvedono a mitigare: quella palla a spicchi, taumaturgica, può tanto e la medicina tradizionale si adegua ad essa.
Ed ecco che chi passeggia distrattamente ai bordi dei piastrelloni del campo, dopo un’occhiata prima fugace poi stupita, si ferma, osservando divertito le gesta (e le imprecazioni) di alcuni di quei ragazzi, oggi un po’ meno giovani, attirato da quell’inconfondibile abbinamento cromatico biancorosso (almeno dalla vita in giù, pantaloncini rigorosamente marchiati MARR) e dal ricordo di alcuni veri e propri monumenti al periodo d’oro del basket riminese, alla mensa del quale mi vanto di sedere impropriamente. Da perfetti compagni di scorribande, età e curriculum sportivi eterogenei si amalgamano attraverso quella “maledetta” palla, facendoci sentire un tutt’uno come quando, ragazzino timoroso, mi avvicinavo ai coetanei sconosciuti sul campo dell’oratorio, protetto e poi favorito dall’ombrello della passione comune: così conobbi Massimiliano Angelini venticinque anni fa e oggi, come allora, con lo stesso sereno entusiasmo ci ritroviamo regolarmente sotto il canestro per trascorrere assieme il sabato pomeriggio.
È proprio di oggi la notizia relativa al successo del sito canadese “1000 Awesome Things” (1000 cose stupende), nel quale gli utenti elencano le cose per cui vale la pena vivere: tale elenco è diventato prima un libro, poi una trasmissione televisiva e ha coinvolto milioni di persone entusiaste. Nel mio piccolo, dopo le gioie legate ai figli e un solido rapporto di coppia, confesso che mi troverei in imbarazzo nel scegliere quale piccolo-grande piacere inserire tra i grandi valori della vita: tra essi, comunque, un posto prioritario verrebbe certamente dedicato all’amicizia di persone straordinarie e alla gioia legata a momenti come quelli trascorsi sul campo da basket assolato nel sabato pomeriggio.
Grazie Maurizio (Benatti), Umberto (Coppari), Giorgio (Cecchini) e Vinicio (Mossali).
Nicola
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