Cala definitivamente la tela sul campionato della Marr di fronte alla Simac; si apre il siparietto delle polemiche e del basket estivo, quello parlato, soprattutto chiacchierato. E Rimini, città dei chiacchierati per eccellenza, si getta a capofitto nel chiacchiericcio petulante con la consueta libidine.
L’ultimo atto del campionato, esaltante per tantissimi versi, della squadra di Pasini, si è consumato in quest’atmosfera a metà fra la festa e il rimpianto; e se talvolta il rimpianto ha sfumature malinconiche pur tuttavia piacevoli, l’una, la festa, e l’altra, la struggente malinconia di qualcosa che finisce, sono mancate. Da una parte l’imbarazzo di dover affrontare una squadra volitiva e determinata come la Simac, per nulla disposta a concedere qualcosa, dall’altra l’imbarazzo trasparente di giocatori, dirigenti e dello stesso Pasini in una situazione della quale si sarebbe volentieri fatto a meno.
Liquidiamo in fretta la questione, anche noi piuttosto imbarazzati: non intendiamo discutere le scelte, quella di Pasini di denunciare già da tempo il logoramento di certi rapporti e il venir meno di stimoli, di un certo deperimento per così dire organico, e le scelte della società in materia di indirizzo tecnico, cosa del tutto legittima. Fatte le debite riserve sul piano della forma, dell’opportunità e dei tempi, giudicheremo sui fatti: e i fatti non sono solo ristretti al cambio di allenatore e alle possibili motivazioni che lo hanno determinato, ma riguardano soprattutto i programmi della società: e sarà difficile fare meglio di quanto si è fatto negli ultimi tre anni; come i venti non conoscono frontiere alle nubi radioattive, così il tempo non sarà di ostacolo alla memoria degli sportivi, se le cose non andranno nel verso giusto.
Torniamo dunque al basket giocato, a quella meravigliosa avventura che si è appena conclusa: partita per salvarsi, la Marr è approdata ad un ottavo posto in classifica del tutto insperato, di grande prestigio. Ha sofferto per dirimere la spinosa questione di supremazia regionale con le ringhiose Riunite di Dado Lombardi, una soddisfazione, a posteriori, ancora maggiore per Pasini e per alcuni giocatori in particolare. Ha ceduto in due partite alla forza di cento braccia della Simac, pretendente numero uno allo scudetto; l’esito dello scontro fra Banco e Arexons ci dirà della definitiva collocazione della Marr ’85-’86 e della possibilità di disputare la Coppa Korac.
Perle della stagione, il doppio successo sulla Mobilgirgi, una delle squadre più accreditate per la finale, la vittoria interna sulla Granarolo a conferma di una fresca tradizione, il larghissimo successo sul Bancoroma, la storica vittoria sull’incostante Scavolini, a sottolineare una stagione costellata di tonfi clamorosi della società pesarese. Oltre agli obiettivi di classifica, altri intendimenti erano nel mirino della Marr: la verifica della crescita di Paci, tornato dal prestito a Treviso, di proporsi come alternativa a Benatti in cabina di regia; la maturazione di Daniele, prospetto interessante ma un po’ acerbo; la definitiva collocazione di Ottaviani, in bilico fra il ruolo di guardia e quello di ala piccola; il raggiungimento da parte di Johnson di una costanza di rendimento a supporto del talento già palesato nel campionato precedente. Degli altri, Benatti, Wansley, Ferro, Cecchini, Dal Seno, già erano noti pregi e difetti, puntualmente confermati.
Paci ha mostrato doti di affidabilità in determinate situazioni tattiche, anche se ancora deve raggiungere quella maturità e quella padronanza della situazione che non difettano certamente a Benatti; vedremo se, caricato di maggiori responsabilità, saprà far valere quelle doti tecniche e di fisico che gli conosciamo. Daniele, tolto di mezzo da un infortunio che ci pare non abbia ancora assorbito, almeno sul piano psicologico, proprio quando stava esaltandosi nel rendimento (partita casalinga con la Mobilgirgi), deve sicuramente lavorare molto, ed abituarsi al clima agonistico giocando: ancora impacciato in certi movimenti quando, spalle a canestro, deve girarsi per la conclusione, deve imparare a trovare coordinazione e a disciplinare la carica agonistica che lo anima: duro lavoro in palestra e in allenamento per il primo obiettivo, esperienza in partita per il secondo. E certo con Wansley, stakanovista del parquet, occasioni ne ha avute poche. Ottaviani non ha risolto il proprio dualismo interiore: ha giocato guardia soprattutto in chiave difensiva, quando cioè ci siamo trovati nella necessità di dover affrontare guardie di stazza superiore alle forze di Ferro e Cecchini e Dal Seno gli ha lasciato poco spazio per giocare ala; ha confermato tutto il suo talento (da ricordare le partite con Granarolo e Scavolini), ma non è riuscito a chiarirci le idee sul suo futuro. Johnson, infine, si è espresso su livelli di rendimento più che appezzabili, risultando spesso determinante: a me personalmente resta il sospetto che avrebbe potuto fare ancora di più, solo che avesse potuto godere di rifornimenti più puntuali.
Anche sui miei bonari sospetti e su tutte queste considerazioni cala la tela; ma sarà stato un campionato tutto da ricordare, un torneo di grandi soddisfazioni. A parte i saluti di prammatica, un grossissimo grazie a tutti gli eroi di questa meravigliosa avventura, i moderni gladiatori che domenicalmente si immolano nell’arena del Palazzetto, sublimando nevrosi e transfert di 4.000 sedentari.
Un saluto affettuosissimo a Pasini, artefice primo dei successi di questi ultimi tre anni: forse è vero che gli allenatori, i giocatori, i dirigenti (a parte Carasso) passano e le società rimangono; ma Piero lascia sicuramente il segno del suo passaggio, in termini di risultati e di simpatia.
Personalmente, ancora tutti i miei complimenti e i migliori auguri. E ti aspetto, quest’estate all’Embassy, per quattro chiacchiere, un bicchiere e… per quello che capita. Ad majora.
9 maggio 1986
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