Ovvero: l’A UNO! È romanzosa.
Poteva essere una serata come le altre, solo un po’ più pallosa. Ero reduce dalle PALEARI, alla tivù recitava ALBERTAZZI; sorseggiavo il mio PORTO, i POLLONI alle ginocchia. Decisi di uscire.
Al solito BARBERO, i soliti CASANOVA da strapazzo: MASTER VALENTINO, col suo completo SALES e PEPE, MISTER DAY, cosiddetto perchè odiava il giorno ed amava il BOUIE, STEFANEL, un BELLONE da BORGHETTO e gli altri MONARI. C’era anche un tale di Ferrara, conosciuto come SUCCHI G., un GAY pieno di GRANAROLO, al quale eravamo soliti SPILLARE GRACIS un drink ogni tanto. Poteva essere una serata come le altre, quando la vidi: una splendida MULAT, di coscia lunga come piacciono a me, coi RICCI NERI che scendevano sulle spalle. Due occhi SALVAGGI e PROCACCINI allo stesso tempo, il ZENO straripante sotto una camicetta trasparente; una gonna VIOLA le fasciava le ANCHISI. Non un filo di LARDO in più. MAGNIFICO! “Ma chi è quel CORNELIUS che ti manda in giro da sola?” pensai. Tutti i RAGAZZI si girarono, mentre un coro di FISCHETTO la inseguiva. “RUSTICHELLI! – pensavo – non si va allo SBARAGLI con una LANZA cosi!”. Lei sarebbe stata mia, il coronamento di una CARERA di PLAY! Glielo avrei fatto vedere io, a quel BRANSON di SEGAFREDO SFILIGOI!
Intanto gli appezzamenti si facevano più pesanti, e lei appariva infastidita. “BUCCI BUCCI, sento odor di cristianucci!” Mi stavo incazzando: io non sono mai stato un SANTORO, ma stavano esagerando. BONACCORSI come un GUALCO. Ne presi uno: “Hei, D’AMICO, ti SKANSI?” e lo presi per il bavero. Gli altri mi si fecero attorno. Mollai due BERLONI al PRIMO e ne colpii un altro al MINTO. Un terzo con una SBARRA di FERRO si fece avanti. La questione si faceva SPINOSA. Una rapida giravolta e come un serpente a SONAGLIA lo colpii col TALLONE ai QUAGLIATTI. Si sgonfiò come un SACCO d’aria. Si squagliarono come GHIACCI al sole. Allora i nostri sguardi si incrociarono. “CIAOCREM, come ti chiami?” “TILLIS, mio NOBILE BONAMICO, e ti ringrazio” “LA GIOIA è stata tutta mia, TESORO. BENVENUTI a RIMINUCCI” “Sei GENTILE” “Ti rivedrò qui, domani?” “Non si sa MAY” rispose evasivamente. E si allontanò sculettando. Che donna!
DURANTI la notte non feci che pensare a lei e mi svegliai a mezzogiorno che ero un POLESELLO. Una seduta sul NATER e una doccia mi rimisero in sesto. Scesi al bar, lei c’era. “Si va a pranzo in un posto che conosco io?”, le chiesi a bruciapelo. “ANDERSON” mi rispose, semplicemente.
Il menù era di prim’ordine: antipasto di prosciutto e MALONE, SALOMON nostrano, CAPPELLETTI in brodo MAGRO di GALLINARI, PALUMBO arrosto e ZAMPOLINI di maiale, il tutto annaffiato con del BARBERIS VECCHIATO; insalatina di BOBICCHIO, dolce e caffè. Lei fu amabile, ma si teneva ancora sulle sue. Mi sentivo in CROCE, ma non avevo fretta. Il BON CACCIATORE non ha fretta, per DIANA! Passammo un paio d’ore all’ombra della vecchia QUERCIA, a chiacchierare del più e del meno. “Ti va di andare a ballare stasera?”’ le chiesi. Non disse di no; “Ci vediamo al solito BARBERO?” Il pomeriggio passò in fretta. Alla sera, quando le aprii la portiera delle mia MASETTI nuova fiammante, ero al settimo cielo: RAGAZZI, era uno splendore! Un profumo di GELSOMINI da resuscitare un morto!
Andammo su a VILLALTA. Una bottiglia di ASTI (lo champagne COSTA troppo, ma non glielo dissi) non parve fare un grande effetto; continuava a stare sulle sue. Ma io avevo pazienza: la calma è la VIRTUS dei FORTI. Aspettavo i lenti. Quando l’orchestra attaccò, decisi di fare la prima mossa strategica. “DANZI?” e la portai in pista. Averla fra le braccia era una cosa inebriante. Mi sentivo TESO, ma sulle note di “VROMAN in love” cominciai a lavorarla piano piano (a me, nel CHEEKS to CHEEKS non mi batte nessuno). GRATTON GRATTONI le accarezzavo le spalle, la schiena, il collo…”Fermo COLEMAN, ti prego”, tentava di bloccare il PRIMO attacco. “Io son GENTILE, ma non sono un FRANCESCATTO! E tu mi PACI davvero” “MENTASTI! Io non sarò che una TACCOLA in più sul tuo FUCILE!” “Se tu ARDESSI come me, capiresti che TOMASSI!” “YURA!” A me i giuramenti non sono mai andati giù, e ‘sta SOLFRINI mi stava stancando. “Non sarà mica una BIGOT come la MARIETTA, che mi manda in BIANCHI in continuazione?” pensavo fra me e me. “Che fai, DE SISTI alle prime difficoltà? – insisteva il GUERRIERI che era dentro di me – Ricordati che c’è chi nasce GENERALI e chi rimane FANTOZZI per tutta la VITEZ!”.
Decisi di dar retta al GUERRIERI, anche se ero sull’orlo della FLEBUS. Cambiai sistema. Me ne RESTANI buono per un po’. La tattica era buona, non se lo aspettava e ci rimase male. Era una GATTI MOTTA, come dicono a Palemmo. Capii che voleva essere lei a prendere l’iniziativa, e la assecondai Ma non poteva tirare la CORDELLA più a LONGO. Con la faccia più INNOCENTIN che riuscii a rimediare le chiesi: “Si va da me?” Non rispose, ma mi seguì. Erano PRESSACCO le quattro quando raggiungemmo il mio pied à terre in RIVA al MARR. Lì si scatenò. Cominciò a baciarmi sulle GOTI, dolcemente, poi passò a darmi PICCOLI MORSE sui lobi, mentre il SENO premeva sul mio e il suo ventre cercava la LIVELLA. La spogliai nuda come mamma l’aveva CREATI e …KOLFF nella BARGNA!
BILLY aveva colpito ancora.
27 gennaio 1985
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