Un altro mistero è stato chiarito, e la verità è venuta a galla. A molti fino ad oggi sfuggivano le ragioni recondite dei successi delle squadre di Pasini. Bianchini il filosofo, dopo aver assistito alla partita della Marr contro la Stefanel, ha svelato l’arcano: Piero ha inventato un nuovo modo di giocare, quello “cerebrale”. Noi francamente abbiamo sempre avuto il dubbio, inconfessato, che l’espressione sofferente di Johnson fosse dovuta ad un mal di capo persistente, a prova di Optalidon. E che il gesto di Pasini dopo una corbelleria di qualcuno, il mettersi le mani fra i capelli fosse dovuto a feroci cefalee. E che il gesto tipico di Ferro, quel prendersi la testa fra le mani dopo una decisione arbitrale incomprensibile, non fosse un semplice gesto di disperazione. Bianchini, uno che dice cose delle quali, poi, è il primo a stupirsi il giorno dopo, ce ne ha dato conferma: il gioco cerebrale provoca disturbi da surmenage; solo Wansley, serafico come sempre, ne è immune. Comunque, dopo il contropiede, il gioco controllato, quello fisico alla russa, la transition, il corri e tira, il gioco cerebrale sarà il verbo cestistico del futuro.
Le rivelazioni di Bianchini hanno fatto rapidamente il giro dell’Italia dei canestri, sollevando un certo clamore, nonché polemiche. Gamba, che ha interpretato “cerebrale” nel senso di “involuto, incomprensibile”, ha ribattuto al suo successore sulla panchina della Nazionale che lui è l’unico allenatore capace di parlare per ore senza farsi capire, specialmente davanti ad una telecamera, quando, con gli occhi sbarrati, sa assumere l’espressione allucinata del profeta, e si è assunto la paternità di questo nuovo modo di interpretare il basket. Villalta ha confermato che ancora si intendono a gesti, e non sempre con successo. Però, solo a dirgli “Frederick” O “D’Antoni”, Gamba impallidisce e appare ancora più confuso. Peterson da parte sua giura che lui ha già da tempo abbandonato il modo di dire “sputar sangue” e lo ha sostituito con quello più attuale “sputar cervello”, e assicura che D’Antoni e Premier sudano solo in testa.
Pentassuglia è andato oltre. Approfittando di questi mesi di inattività, trascorsi in un monastero tibetano, ha inventato la pallacanestro trascendentale, una cosa da sballo su cui meditare. Sacco sta perfezionando il gioco lunare basato sui bioritmi: in casa Mulat si sta sperimentando infine il basket paranormale, un misto di cabala e vodoo, smorfia e spilloni, telecinesi e levitazione. Se troveranno un medium all’altezza, da mettere in panchina, saranno dolori per tutti.
Fra tutte queste nuove filosofie che affermano il predominio del pensiero sulla materia e ribadiscono la centralità dell’Uomo e del suo intelletto, in questo panorama di Nuovo Rinascimento che sta a testimoniare la vivacità e la vitalità del basket nostrano, non manca tuttavia la nota stonata: è di questi giorni la notizia secondo cui Nico Messina ha fondato un movimento che pone al centro dell’universo il cavallo con un basket a misura equina. Niente di nuovo, direte voi, il verbo è sempre lo stesso: correre, correre, correre. Nico lo ha perfezionato aggiungendo brusca e striglia, una dieta di biada e zollette di zucchero e finimenti. E’ stato immediatamente contattato dalla squadra reatina, l’Ippodromi Rieti, che gli affiancherà in panchina Lester Piggot, il leggendario fantino inglese che ha recentemente appeso la frusta al chiodo, e che gli metterà a disposizione tutto l’allevamento, pardon, il vivaio: dal produttore al consumatore. Si prevede l’ingaggio di Bob Horse, un baio dalla mano vellutata, 2 metri al garrese, di Pony Francescatto e di “cavallo pazzo” Dordei. Gli allibratori clandestini lo danno a due e mezzo, piazzato. Debutterà alle Capannelle, col commento di Giubilo e l’ausilio di Giordani.
A Reggio Emilia tuttavia il gioco cerebrale non ha avuto un grande successo, anche se era atteso con trepidazione e curiosità. Lombardi, nudo dalla cintola in su come ai bei tempi andati della mietitura, ha trovato la giusta contromisura, opponendovi il solito basket visceral-gastrointestinal-epatico. La Marr non è riuscita a rompere la tradizione che la vuole sconfitta, anche se al termine di un incontro particolarmente tirato; ai nostri è rimasto solamente un gran mal di testa, come l’imprecisione dalla lunetta starebbe a dimostrare. Ma Bouie ha lungamente meditato sull’ingrato destino che, di tanto in tanto, gli fa incontrare Ernesto, incontro di cui farebbe volentieri a meno. Inizia ora il girone di ritorno, che si preannuncia per la Marr non privo di insidie, anche se la posizione in classifica dovrebbe consentirci di affrontarlo in assoluta tranquillità psicologica. Il primo appuntamento casalingo ci propone la squadra di Livorno, già sconfitta di un punto nella partita di esordio. Non è un incontro da sottovalutare, chè i labronici stanno attraversando un buon momento. Rolle è una delle vittime preferite di Ernesto, ma Albertazzi si propone come ex velenoso e Sappleton sta andando fortissimo.
Speriamo che domenica il mal di testa ce l’abbiano loro.
10 gennaio 1986
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