“Arma virumque cano..” così inizia Virgilio il racconto delle gesta di Enea dopo la disfatta di Troia. “Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori..” gli fa eco 1500 anni dopo l’Ariosto accingendosi a cantare altre epopee. Così, a parte gli immodesti accostamenti, avrei voluto poter raccontare della vittoria sulla Stella Azzurra nella partita che doveva segnare la riscossa della nostra beneamata. Invece.. sentite cosa mi è venuto alla mente.
Una decina di anni fa la squadra di basket di Rimini si chiamava Libertas. Si giocava allora in serie C, sarebbe stato l’anno della prima promozione in B (una A2 senza americani, praticamente). Eravamo in trasferta a Pesaro, campo notoriamente difficile, ci attendeva il solito derby tirato alla morte. Facciamo l’ingresso in campo, tutti in fila, dietro a capitan Cervellini, aspettandoci la solita salva di fischi (grande pubblico quello pesarese), condita dalle solite contumelie (di solito era bagnini contro puttanieri), invece… un attimo di silenzio, imbarazzo da parte nostra, vuoi vedere che abbiamo sbagliato posto, poi una musichetta… TA-TA-TARA- TARA-RAT-TA-TERO, TA-TA TARA-TARA-RAT-TA-TERO…e una risata gigantesca, feroce. Era la marcia dei gladiatori, quella che accompagna l’ingresso dei clown in pista: vi assicuro che, se avessimo potuto, saremmo fuggiti via dalla vergogna. Credo che nessuno di coloro che erano a Pesaro quel giorno possa aver dimenticato quelle note tragicomiche.
Ebbene, se avessimo voluto cercare un commento musicale alla partita che abbiamo avuto la ventura di seguire, nessuna colonna sonora sarebbe stata più appropriata di quella maledetta musichetta. Non so se siete dello stesso parere ma, secondo me, il fatto comico ha trasceso quello puramente tecnico-agonistico. Si è visto di tutto: torte (pardon, palle) in faccia, cross appena alti sopra la traversa, ammucchiate degne del cinema Metropol, Carraria fare canestro da 6 metri (è proprio l’anno dell’handicappato, diceva uno), dirigenti che, dopo aver aspramente redarguito il pubblico perché tirava roba in campo, non ce la facevano più e cominciavano a tirare palle di carta, tanghi e polche, mancavano i cotillons ed era Carnevale. Collins, che è una persona seria, se ne voleva andare. Io l’ho vista cosi.
Colpa (o merito) dei giocatori, colpa degli arbitri, delle panchine, colpa dello spleen che emanava dalla figura dei due negroni ospiti, grilli filiformi con la faccia da blues, schiacciate rabbiose, liberatrici da antiche frustrazioni, occhi scuri, campi di cotone, forse colpa del brulé che mi ero fatto prima della partita. Senz’altro colpa del fatto che la partita l’ho seguita appoggiato alle transenne, lato Riccione, fra il rag. Walter e il rag. Claudio: questi sono peggio dei due vecchietti sdentati, quelli del Muppet Show, perennemente appollaiati sul palco: si fanno delle risate apocalittiche, ma non gli va mai bene niente.
Ma ho l’impressione che la maggior parte del pubblico la partita l’abbia sentita come me. Anche le contestazioni agli arbitri, al tecnico, come pure gli applausi, erano direi di prammatica (il fatto comico attenua la rabbia), non c’era partecipazione, quella che accumuna la sofferenza (pathos) sugli spalti all’impegno fisico dei giocatori in campo. Ecco, non che i nostri non si siano impegnati allo spasimo, ma la gente alla domenica ha bisogno di eroi, deve sublimare quel rito di identificazione che esalta lo spettatore, che lo porta a fare tifo con partecipazione: Per i tifosi ci vogliono i Bob Mitraglia, gli Otis-Otis Superstar (senza polemiche), i Nembo Kid Riva, nomi roboanti a sottolineare gesti atletici, vigorosi! E noi, chi abbiamo? Paganini – Procaccini, Mazinga Z-Cecchini, Doc Terenzi, il Cav. Vecchiato, Bora Bora, Mossali. Mossali, ecco, per esempio. Lui avrebbe le phisique du role, alto, villoso, capello corto da marine! Lo frega il nome, Vinicio. Come si fa, ditemi voi, come si fa ad urlare Vi-ni-cio, Vi-ni-cio?! E’ anche un bel nome , Vinicio, ma uno che si chiama così, io me lo figuro come un bravo ragazzo, educato, che piace alle mamme, fa il ragioniere e mangia in bianco: non può fare l’eroe (sangue sudore e lacrime) della domenica. (Niente di personale contro Mossali, su cui pesa anche l’etichetta di giocatore strappato all’Honky, noi ogni anno strappiamo qualcosa a qualcuno, che del resto fa quello che può, non sporca ed è sempre corretto con tutti).
Manca la stella, dunque: (Rank sembra aver fallito, finora, anche in questo verso e Collins e Vecchiato, sempre bravi in campo, mancano forse di carisma); né ci consola il fatto che il tal americano costi il doppio del nostro; anzi, ciò ci ricorda quel tale che, comprata carta igienica a due veli, per risparmiare ne adoperava uno alla volta e si trovava le dita regolarmente sporche di merda. Né si può fare appello a sentimenti di consanguineità, chè non figura, a parte il giovane Paci che sta maturando in panchina (invecchiato al punto giusto sarà un giocatore d’annata), un solo giocatore di Rimini in questa squadra: l’ultimo deve essere stato quel tal Brighi che, innamoratosi perdutamente di una cucina componibile, per farsela regalare dai parenti, si sposò a 17 anni con una che non conosceva nemmeno, facendosi poi immortalare su di una rivista specializzata di basket con l’oggetto dei suoi desideri, la cucina.
Queste cose , e non dimentichiamo che la squadra era reduce da due sconfitte casalinghe, i tifosi le sentono, e certi provvedimenti non hanno certo reso più popolare la società. Forse qualcosa ancora si può fare (è libero Luca di Montezemolo?) affinché questa squadra sia veramente la squadra di tutti, affinché cessino le polemiche (ci pare che troppe si siano sviluppate sul piano personale) che avvelenano l’atmosfera del palazzetto: una squadra che deve lottare ogni partita più sul piano agonistico che sul piano tecnico, deve avere l’appoggio direi incondizionato del suo pubblico. Perlomeno l’impegno onesto dei giocatori in campo va sostenuto e rispettato: abbiamo assaggiato la cioccolata: domani la serie B (questo è lo spettro che incombe sul Flaminio) non farebbe comodo a nessuno, né alla stampa né a coloro che amano il basket.
O vogliamo fare come quel tale che, per far dispetto alla moglie…?
Nota storica: nel 1981 il consiglio d’amministrazione della società di Basket è composto da vari soggetti: quote consistenti appartengono a Giovanni Migani e a Franco Zavatta, mentre altri consiglieri detengono il 2 per cento. Si è aperta una lotta per il controllo della società fra i maggiori azionisti, anche se l’indirizzo delle scelte è spesso dettato da consiglieri di minoranza e, qualcuno sostiene, da Carasso. La stampa e emittenti locali parteggiano, generalmente, per il “rinnovamento”.
30 ottobre 1981
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